30 gennaio 2017
Non intendo assolutamente entrare in polemica con chicchessia sui tristissimi argomenti riguardanti la sciagura accaduta nell’albergo di Rigopiano, tuttavia, non posso fare a meno di formulare alcune considerazioni.
Già da alcuni anni vado indicando nella “illegalità diffusa” e nelle sue derivate, non il solo, ma il principale ostacolo alla ripresa dell’economia nazionale. La successione dei fatti e degli accadimenti negativi che hanno caratterizzato la situazione relativa al maturare delle terribile disgrazia, dimostra quanto sia vera l’affermazione che la diffusione della illegalità, in questi paese e presso la mentalità comune, sia foriera di conseguenze negative.
Si è cominciato col costruire un albergo in una località ad altissimo rischio, addirittura sui detriti di precedenti slavine. Semplicemente pazzesco e palesemente illegale, dal momento che si è ritenuto di aggiustare tutto con una sanatoria! A questo monumento all’illegalità, si sono aggiunte l’assoluta mancanza di ascolto tempestivo, nei confronti delle ripetute richieste di aiuto da parte del direttore e di alcuni clienti dell’albergo alle autorità responsabili, l’aver ignorato la segnalazione da parte di un organo responsabile della previsione relativa alle valanghe del livello 4 ( su 5), quindi estrema pericolosità di probabili slavine o valanghe, il ritardo di invio di soccorsi, la turbina fuori uso da lungo tempo, e altre inefficienze, e discutibili comportamenti.
La tragedia dell’albergo, si è sviluppata in un contesto generale di inaccettabili ritardi che hanno pesantemente penalizzato tutti gli interventi di ristabilimento della situazione a favore delle popolazioni colpite dal sisma e poste in condizioni durissime, dalle successive pessime condizioni meteo. Da tutte le parti: Sindaci, Presidenti di Provincia e di Regione, Protezione civile, si è lamentata la nefasta influenza ritardante, di un’asfissiante burocrazia che è riuscita a far si che gli interventi, quali alloggi adeguati, per persone ed animali, ed altro, cominciassero a raggiungere le località sinistrate alla fine di gennaio, ben cinque mesi dopo il terremoto!
La burocrazia è figlia dell’illegalità. Purtroppo da qualche tempo, in Italia vige la regola: “ Fatta la legge, trovato l’inganno” e, conseguentemente si è cercato di porre rimedio a ciò, aggiungendo controlli su controlli che finiscono per rendere pesantissime le procedure d’intervento
Mi chiedo: nel momento in cui, dopo la miriade di promesse da parte di tutti i vertici della Pubblica Amministrazione: Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, vari Ministri, ricordate: “Non vi lasceremo soli”, “Riavrete tutto quello che il terremoto vi ha tolto”, “Ne abbiamo le risorse e la capacità” e via dicendo, quando, finite le chiacchere e le promesse il Commissario Errani (già accompagnato da scarsa fiducia a causa delle sue prestazioni in occasione del terremoto dell’Emilia) e il dott. Curcio, capo della Protezione Civile si sono trovato a dover realizzare quanto promesso, non si sono resi conto, anche in base alla loro esperienza, che i farragginosi obblighi burocratici avrebbero ritardato in maniera gravissima la conclusione delle promesse e arrecato, in inverno sofferenze e gravi danni alle popolazioni ed alle attività di allevamento, dell’area colpita? Non sono stati capaci di informare il capo del Governo del previsto ritardo e delle nefaste conseguenze per i poveri cittadini. Che ci voleva per fare un decreto che recitasse:” In occasione di gravi calamità naturali, le procedure d’appalto per le opere di intervento a favore delle popolazioni colpite seguiranno il seguente iter……………………..” semplificando e consentendo interventi tempestivi. Si dice che i vari passaggi burocratici sono fatti per evitare ruberie, corruzione e altro. Pazienza, in casi del genere si deve essere tempestivi e correre il rischio. Se poi, la magistratura scoprirà l’illecito, lo si farà pagare. Se venissimo a sapere che in un altro paese del mondo occidentale, le prime casette di legno, sono state consegnate in gennaio, in pieno inverno, in numero ridottissimo rispetto al bisogno ben cinque mesi dopo il terremoto, francamente diremmo che si tratta di un paese di imbecilli.
On. Gen. Luigi Ramponi