I lettori di Formiche.net sanno che di solito non scrivo di temi attinenti a mie carriere pubbliche in passato. Per questo motivo non ho trattato del problema immigrazione. Su questo argomento ho scritto un libro alla fine degli anni Settanta; l’argomento all’epoca sembrava così insolito che non venne accettato da nessun editore italiano e il saggio finì per essere pubblicato in lingua inglese da un editore di Amburgo. Alla fine degli anni Ottanta, ho fatto parte di un comitato internazionale creato dal Presidente dei francesi Mitterand; anche in questo caso, poco interesse in Italia, anche se al gruppo di lavoro partecipavano alcuni valenti diplomatici. Ciò indica che, per un’Italia priva di tradizioni coloniali di rilievo, il problema è nuovo. Ma incide molto sulle scelte politiche.
All’inizio dell’anno, ad esempio, è uscito, in Germania, uno studio di due economisti dell’Università della Calabria (Maria De Paola e Vincenzo Scoppa) e due economisti della Università di Lancaster (Emanuele Bracco e Colin Green) – IZA Discussion Paper No.10604 – in cui si analizza con grande cura come, nel periodo 2002-2014, la crescente presenza di immigrati abbia inciso sulle elezioni comunali del Nord d’Italia e, quindi, sulle tendenze politiche nazionali.
I dati di Open Polis, l’associazione apartitica più attenta al fenomeno, confermano che i primi sbarchi di massa provenienti dal nord Africa sono avvenuti nel 2011. Durante quell’anno in gran parte della regione le speranze che erano state riposte sulle primavere arabe vennero disattese, e in Libia la repressione di Gheddafi portò alla reazione della Nato e all’intervento militare occidentale. Poi il flusso migratorio proveniente dal mediterraneo si è momentaneamente ridotto per raggiungere le dimensioni attuali nel 2014, quando sono sbarcate sulle coste italiane circa 170 mila persone. Da quel momento il numero di arrivi è rimasto più o meno stabile oscillando tra i 150 e i 180 mila negli anni successivi. Bisogna tenere presente che di questi, in media il 10% sono minorenni non accompagnati. Lo scorso anno si è registrato un calo considerevole degli sbarchi, ma non è detto che questa tendenza sia confermata nel 2018.
Il governo ha rivendicato il recente calo dei flussi e in particolare la riduzione del numero di morti in mare che in effetti sono passati da 4578 nel 2016 a 2856 nel 2017. Se messi a confronto con il numero di arrivi però, i dati sui morti in mare sulla rotta per l’Italia non sono altrettanto positivi. Il tasso di mortalità infatti si è ridotto, ma in maniera non rilevante, passando dal 2,52% al 2,39%. Ciò conferma la rotta centrale del mediterraneo, come la più pericolosa al mondo. Inoltre, il fatto che il numero di arrivi in Italia si sia ridotto non vuol dire affatto che si siano ridotte le partenze dai Paesi di origine. Infatti, dall’analisi dei flussi emerge che le persone sbarcate in Italia provengono solo in piccola parte da Paesi del nord Africa. La maggior parte dei migranti che sbarcano in Italia provengono dall’Africa subsahariana. Centinaia di migliaia di persone partite da questi Paesi sono invece rimaste bloccate sulle coste libiche. Nel 2017 l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) ha censito circa 432 mila migranti presenti in Libia, altri ne stimano 700mila. Delle 77500 domande di asilo esaminate nel 2017 in Italia solo il 40,2% è stata accolta. Molti cercano invece di oltrepassare i confini italiani per raggiungere altri Paesi europei.
Il Trattato di Dublino del 2003 (quando il problema non era ancora diventato prioritario) prevede che i richiedenti asilo facciano domanda nel primo Paese europeo in cui arrivano. La Commissione europea, nel settembre 2015, ha per la prima volta adottato una decisione volta ad alleggerire il carico sui Paesi di arrivo. Nel complesso era previsto il ricollocamento di 50 mila 400 richiedenti asilo dalla Grecia e di 15 mila 600 dall’Italia. Una cifra piuttosto piccola considerati gli arrivi annuali ma che in ogni caso non si è riusciti a raggiungere (a fine gennaio erano state ricollocate meno di 12 mila persone dall’Italia).
Alcuni Stati europei hanno fatto la loro parte. In Germania ad esempio sono stati ricollocati quasi 5 mila richiedenti asilo, quando il piano prevedeva inizialmente che ne accogliesse 4mila. La Francia al contrario si era impegnata ad accogliere circa 3 mila rifugiati, ma i ricollocamenti sono stati solo 486. I Paesi del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) sono stati quelli che più si sono opposti a questo tipo di politiche.
Di conseguenza, l’Italia è inondata da “migranti irregolari”; rimando al sito di Open Polis che ha pubblicato , tra l’altro, un prezioso glossario sulle varie definizioni, spesso confuse nelle descrizioni giornalistiche. L’Italia è il solo Paese che prevede una categoria di ‘clandestini’ , in base ad una normativa, in vigore, che definisce la ‘clandestinità’ un reato. Si applica a chi non ha fatto richiesta di asilo o chi si è visto negare tale richiesta ed è rimasto nel nostro Paese.
È questo il contesto in cui sono nate le vicende di Macerata. Una cittadina universitaria tradizionalmente molto coesa ed in cui negli ultimi cinque anni il tessuto è profondamente cambiato. È noto, anzi notorio, che è diventata l’hub dell’Italia centrale di arrivo e spaccio delle droga da parte di ‘migranti irregolari’, in gran misura ‘richiedenti asilo’, di origine nigeriana, un’associazione a delinquere o mafia , se dir si vuole, che non ha potuto operare al Sud dove il territorio è controllato più che dallo Stato da ‘mafie’ più potenti e meglio organizzate. Tornato a Macerata questa estate dopo sei anni, ne ho trovato il tessuto sociale cambiato e tanto in albergo quando al ristorante ho parlato con una popolazione locale impaurita.
In questo clima, una povera ragazza è stata martoriata e unicamente un esponente politico è andato dalla famiglia a portare il cordoglio della nazione. Un pazzo ha sparato ferendo sei africani e sono state organizzate manifestazioni contro il fantasma di un fascismo morto e sepolto da decenni, probabile boomerang elettorale (si veda lo studio dell’Università della Calabria e dell’Università di Lancaster) nei confronti di chi le ha promosse. Nessuno esponente dei promotori ha avuto espressioni di cordoglio nei confronti della ragazza assassinata: ciò peserà come un macigno alle urne, almeno nelle Marche.
Cosa fare? In primo luogo, o modificare la legge vigente od applicarla rigorosamente, mettendo alla porta tutti gli “immigrati clandestini”, utilizzando , se del caso, le risorse dell’aeronautica per ricondurli ai luoghi di origine. Nella XVII legislatura si è cincischiato di modificare la normativa ma nessuna forza politica ha avuto il coraggio di presentare proposte ben sapendo che ciò avrebbe un alto costo elettorale. Nella XVII legislatura sarà verosimilmente più difficile fare proposte ed averle approvate.
In secondo luogo, dato che il 60% dei detenuti nelle carceri italiani sono extra-comunitari, occorre, come proposto da un liberale come Ernesto Galli Della Loggia, chiedere ai Paesi di provenienza di estradarli e fare scontare loro la pena là da dove provengono. I Paesi che non vogliono sottoscrivere accordi di tal genere perderanno i finanziamenti dell’Italia a titolo di cooperazione allo sviluppo ed avranno il voto contrario dell’Italia ad investimenti da parte di organizzazioni internazionali.
Le informazioni si diffondono presto. Anche in Africa, Queste due misure rallenteranno i flussi e daranno tempo a chi governerà l’Italia se, in che misura e come predisporre accoglienza per quei migranti desiderosi di integrarsi e di dare un contributo al Paese che li ospita.