Si apre il caso-immunità per i poliziotti che l’Italia si è impegnata a inviare a Pechino e a Shanghai. Nell’ambito di un accordo siglato l’anno scorso, il governo cinese, alcuni mesi fa, aveva inviato suoi agenti per pattugliare, non armati, e assieme alle nostre forze dell’ordine, siti turistici e scali aeroportuali di Roma e Milano. Adesso tocca agli italiani, nell’ottica di una collaborazione che si mostra
in forte progresso. C’è però un aspetto da chiarire. Secondo fonti qualificate di Wikilao, per dare il via libera alle pattuglie-miste nelle megalopoli orientali va garantita l’immunità dei nostri poliziotti in Cina.
Il memorandum d’intesa firmato da ministero dell’Interno e Repubblica popolare affronta la questione prevedendo che “gli operatori restano sottoposti alle legislazioni nazionali e ai regolamenti del Paese di appartenenza”. Evidentemente però negli uffici c’è chi vuole precisare meglio ed evitare ogni equivoco e ogni problema. Allo studio, a quanto pare, una soluzione di questo tipo: alle unità destinate al servizio in Cina si potrebbe consegnare un passaporto diplomatico e quindi estendere su di loro l’intoccabilità che viene riconosciuta al personale delle rappresentanze italiane all’estero.
La collaborazione tra le due polizie nasce dalla volontà di offrire una migliore assistenza reciproca ai turisti.
Nel 2016 i cinesi arrivati da noi sono stati oltre tre milioni. Mentre gli italiani in Cina hanno raggiunto quota 517.000.
E i due mercati sono in espansione.
28 Marzo 2017