“Inchiesta lacunosa, assenza di accertamenti tecnici e poca considerazione dei testimoni che parlarono di criminalità e traffico di rifiuti dietro l’omicidio. Quelle indagini devono essere riaperte”. Per la prima volta è messa nero su bianco l’ipotesi che fu la camorra ad eliminare il sacerdote anticamorra ucciso nel basso Lazio nel 1995.
Nell’ultimo atto della legislatura, la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti scrive della vicenda di don Cesare Boschin, all’epoca ottantenne sacerdote della chiesa Santissima Annunziata di Borgo Montello, località nei pressi di Latina e a poche decine di chilometri da Roma. Venne ammazzato nella sua canonica nella notte fra il 29 e il 30 marzo di quell’anno. Il suo corpo fu trovato disteso sul letto, coi polsi bloccati dal nastro adesivo passato anche attorno al collo, un asciugamano stretto ad una gamba e la dentiera spinta giù in gola. L’autopsia sentenziò: morte per probabile asfissia. Le indagini dell’epoca seguirono la pista della rapina finita male, senza peraltro indicare un colpevole.
Adesso, a tredici anni dal delitto, la Commissione riapre il caso. Arriva a suggerire chiaramente che fu la camorra a decidere di fare fuori don Boschin. Nel dossier si ricordano le battaglie anticriminalità del religioso e i suoi sospetti, che lo portarono ad intuire la penetrazione dei clan negli affari legati alla gestione dell’immondizia nel territorio pontino. Nella relazione parlamentare si menzionano le due inchieste seguite all’assassinio e chiuse con l’archiviazione e vengono riportate le parole pronunciate mesi dopo il delitto dal primo grande pentito di camorra, Carmine Schiavone.
Il collaboratore di giustizia descrisse con dovizia di particolare ai magistrati quali furono gli interessi della mafia campana sulla discarica di Borgo Montello, facendo i nomi dei presunti gregari casertani spediti in missione nel sud del Lazio. Eppure, si legge negli atti pubblicati in questi giorni, gli investigatori chiamati ad indagare sulla morte di don Boschin “esclusero completamente la pista della criminalità organizzata”.
Dopo l’omicidio vennero messe sotto inchiesta due persone, risultate poi innocenti: un sacerdote colombiano e un cittadino polacco, che in un primo tempo pareva legato ai trafficanti di droga del cartello di Medellin.
“Per quanto riguarda il movente – si legge nel documento della commissione – nulla di valore venne sottratto al parroco: al polso aveva un orologio, nel portafogli circa 600mila lire”. Altri oggetti (anche preziosi) vennero lasciati in canonica. Inoltre, si argomenta, “rispetto al possibile legame dell’omicidio Boschin con la discarica di Borgo Montello nel fascicolo dell’epoca sono reperibili pochi elementi”. Come la deposizione di un agricoltore del posto. Agli atti viene messa la sua versione: “ricordo che una volta don Cesare, nel narrarmi di persone dirigenti della discarica, mi rivelò che si erano resi disponibili alla riparazione del tetto della chiesa, probabilmente per accattivarsi la sua simpatia in considerazione che la discarica non era e non è ben vista dagli abitanti del luogo e da don Cesare in particolare. Don Cesare disse loro che con i suoi soldi la chiesa avrebbe potuto rifarla dalla prima pietra”. I commissari parlamentari sottolineano che “nel fascicolo non sono presenti attività tecniche o analisi di tabulati telefonici (ad esempio una analisi del traffico telefonico di don Cesare Boschin avrebbe potuto fornire indicazioni importanti)”. E ancora: “le indicazioni, anche se parziali, fornite da alcuni testimoni su una eventuale pista investigativa riconducibile ai traffici illeciti di rifiuti non vennero seguite fino in fondo”.
3 Gennaio 2018
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