di Natalino Renzitti
Le armi sono da tempo oggetto di regolamentazione sia per quanto riguarda il loro uso sia per quanto riguarda la loro proibizione. La comunità internazionale ha sperimentato e tuttora sperimenta vari metodi, applicando principi generali, vietandone l’uso, ma non il possesso, oppure proibendone la costruzione e il possesso. Gli strumenti impiegati consistono in trattati internazionali, taluni, in tutto o in parte, sviluppatisi in diritto consuetudinario o in dichiarazioni e/o corpo di disposizioni non giuridicamente vincolanti (c.d. soft law). Il dibattito sulle armi autonome, attualmente in corso, riguarda i vari metodi di regolamentazione, prendendo a modello le convenzioni già esistenti. Preliminare a qualsiasi regolamentazione dovrebbe essere la definizione dell’arma. Tema su cui manca un consensus, anche perché molti sostengono che non esistono armi effettivamente autonome. Non vi è neppure accordo sulla necessità di una loro regolamentazione o comunque sul tipo di regolamentazione più opportuno. Le armi autonome sono connesse allo sviluppo dell’intelligenza artificiale e alla robotica che ha compiuto passi da gigante in relazione agli impieghi civili, ma è anche oggetto di studio e applicazione da parte dell’industria bellica. Tralasciando versioni avveniristiche e catastrofiche, la questione dello sfruttamento dell’intelligenza artificiale a fini militari rappresenta un reale problema. In questa Nota si darà conto del dibattito in corso, enucleando i punti salienti, a cominciare da quello della definizione di arma autonoma.