Per chi non avesse capito o per chi avesse invece frainteso, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiarito esplicitamente qual è la posizione dell’Italia su due fronti caldi della politica estera: Libia e Venezuela. Le dichiarazioni sono state rilasciate durante una lezione agli studenti di Rondine Cittadella della pace in provincia di Arezzo.

Parole che servono da guida su qual è la linea del governo di coalizione in materia di politica internazionale.

Per esempio, sull’ambiguità – tanto criticata – nei confronti della crisi venezuelana, il premier ha ribadito l’impegno in prima linea dell’Italia: “Non siamo spettatori distratti, siamo pienamente coinvolti per realizzare l’obiettivo della pacificazione, di consentire con l’accordo delle parti di definire nuove elezioni”.

Conte ha riconosciuto il fallimento economico del progetto di Nicolás Maduro perché in Venezuela “mancano i medicinali, la popolazione non ha più accesso ai beni di consumo, c’è una popolazione civile in forte sofferenza. Guaidó si è fatto proclamare presidente ad interim. Come si risolve? Come si schiera l’Italia? La posizione italiana è stata fraintesa da qualcuno. L’Italia non ha riconosciuto Maduro ma ci siamo convinti che non ci sono le condizioni per riconoscere Guaidó”. Il premier ha detto di essere sempre stato consapevole che si sarebbe creata una contrapposizione che avrebbe potuto generare violenze e conflitti e acuire il clima persecutorio: “L’Italia riconosce l’Assemblea Nazionale, che è un organo eletto, e quindi Guaidó come presidente dell’Assemblea, ma non come presidente della Repubblica”. Ha anche anticipato che l’Italia è impegnata nella mediazione tra le parti in conflitto, insieme alla Santa Sede.

Una missione difficile, secondo Stefano Stefanini, già ambasciatore italiano presso l’Alleanza atlantica, ed editorialista de La Stampa. In una conversazione con Formiche.net ha spiegato che indubbiamente il Vaticano “ha un peso e una capacità di influenza molto forti in un Paese profondamente cattolico come il Venezuela. Ma i margini di azione dell’Italia sono ridotti. Con questa posizione l’Italia blocca l’allineamento di una politica estera europea. L’Italia è ancorata all’Unione europea. Allontanandosene, perde potere di impatto a livello internazionale. È una questione di peso sostanziale”. Infatti la Norvegia – dove sono in corso negoziati tra il governo di Maduro e l’opposizione – ha più margine di azione perché non fa parte dell’Unione europea.

Stefanini comprende perfettamente il ragionamento di Conte, ma pensa che il premier avrebbe dovuto convincere i partner a Bruxelles perché in questo modo l’effetto è ridotto: “Poi, come lo spiegano benissimo gli episodi quotidiani di cronaca, alla base c’è che nella coalizione di governo convivono due posizioni contrapposte sul Venezuela: una a favore di Nicolás Maduro e un’altra a favore di Juan Guaidó”.

Sul caos libico, invece, Conte ha raccontato la propria esperienza: “Del dossier sulla Libia ho compreso che bisogna avere una certa strategia per la pace, non si può semplicemente rivendicare la parola. Bisogna anche ‘sporcarsi le mani’ e lavorare per una prospettiva di pace. Bisogna incontrare anche chi combatte”.

Un pensiero con il quale l’ex ambasciatore si trova perfettamente d’accordo: “L’Italia deve parlare con tutti, come lo sta già facendo. Conte si riferisce all’incontro con Haftar che è a capo di una parte libica che ha un peso notevole e molto appoggio interno. Per trovare una soluzione politica e diplomatica è necessario interloquire anche con chi sta sul campo e con chi combatte. Ma questo non significa essere d’accordo con lui. Come diceva Shimon Peres, ha più senso parlare con chi la pensa diversamente da noi, non sono con chi ci troviamo d’accordo”.

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