Cinque missili balistici che possono essere simultaneamente lanciati dalla stessa infrastruttura sotterranea (e segreta). È questa la nuova capacità rivendicata dalle Guardie rivoluzionarie iraniane, mostrata in un video diffuso sulle varie testate di Stato lo scorso mercoledì. Un disvelamento che guarda anche al prossimo presidente degli Stati Uniti. Joe Biden ha già dichiarato di volere riportare in auge l’accordo nucleare siglato da Barack Obama e smantellato da Donald Trump; accordo da cui sono esclusi i vettori missilistici.

L’INFRASTRUTTURA

Il video diffuso tra gli altri dall’agenzia di stampa statale Irib mostra un’infrastruttura sotterranea per i missili balistici di Teheran situata in località segreta. Spicca in particolare un sistema (prima sconosciuto) che servirebbe a detta dei Pasdaran ad aumentare il rateo di fuoco della struttura. Il comandante delle Guardie rivoluzionarie, Hossein Salami, l’ha definita “capacità di lancio simultanea o consecutiva”. Consiste in un sistema su rotaia di cinque sistemi di lancio; su ciascuno di essi viene caricato un missile Emad (16 metri d’altezza), posto in posizione eretta; una volta terminato il caricamento, i vettori si spostano tutti insieme, probabilmente verso il punto di lancio.

IL MISSILE

Testato per la prima volta a ottobre 2015, il missile Emad si colloca nella categoria dei missili balistici a raggio intermedio, con un range stimato di 1.700 chilometri (poco più della distanza in linea d’aria tra Teheran e Tel Aviv). Come nota l’autorevole think tank americano Csis, è una variante del comprovato Shahab-3, il vettore che è alla base di numerosi ulteriori evoluzioni. D’altra parte, l’Iran non è certo rimasto fermo in campo missilistico negli ultimi anni.

TRA TERRZA E SPAZIO

Lo scorso aprile, nel giorno del loro 41esimo anniversario, le Guardie rivoluzionarie avevano annunciato il loro debutto spaziale: il lancio in un’orbita a 425 chilometri dalla superficie del satellite Noor (“luce”) tramite il vettore a due stadi Ghased (“messaggero”), prima sconosciuto, lanciato dall’Iran centrale, probabilmente dallo spazioporto “Imam Khomeini” situato nella provincia di Semnan, a circa 300 chilometri da Teheran. Il successo del lancio (dopo diversi fallimenti) ha riacceso l’attenzione (e la preoccupazione) dell’Occidente, Stati Uniti in testa, considerando che i lanciatori spaziali sono simili a missili balistici.

IL MARGINE DI MANOVRA IRANIANO

Nonostante le condanne americane (puntuali per ogni lancio spaziale di Teheran sin dal debutto nel 2009), l’Iran si continua a muovere con una certa disinvoltura nel suo programma missilistico (spaziale e balistico). Il Jcpoa riguardava infatti il programma nucleare e le percentuali di arricchimento dell’uranio, non i missili. Ai vettori è invece dedicata la risoluzione 2231 del 2015 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la quale però “invita” (e non “obbliga” come la precedente 1929 del 2010) l’Iran a sospendere ogni attività sui missili balistici. Ciò lascia ampi spazi alle ambizioni balistiche di Teheran, soprattutto a quelle che il governo definisce “non concepite per trasportare armi nucleari”, proprio come il programma spaziale.

PROSPETTIVE STRATEGICHE

Con il disvelamento recente l’Iran però torna ad accendere i riflettori sugli aspetti puramente militari, per lo più nel momento delicato per gli Usa, all’indomani del delicato voto di martedì scorso. Da qui l’impressione che dietro alle immagini dei missili Emad si celi anche un messaggio al nuovo presidente americano, per chiarire che Teheran c’è ed è attivo su un punto già sensibile per la politica militare di Washington. Da notare che il disvelamento arriva a un mese dalla parata della Corea del Nord che ha mostrato due nuovi assetti missilistici: un nuovo missile balistico lanciabile da sottomarino e, soprattutto, un nuovo missile balistico intercontinentale, un razzo da 26 metri trasportato da un veicolo a undici ruote. Nei vari documenti strategici degli Stati Uniti, dopo Cina e Russia (competitor globali) la lista delle sfide cita proprio Iran e Nord Corea, le due principali minacce nella dimensione regionale.

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