Aveva il suo quartier generale a Cirò, nel tacco d’Italia bagnato dal Mar Jonio, la SPA della ‘ndrangheta sgominata da magistratura e forze dell’ordine con una retata che apre la strada a quello che già si annuncia come un maxiprocesso alla mafia crotonese. Agli arresti anche il sindaco, Nicodemo Parrilla (Lista civica, attuale presidente della Provincia).

I provvedimenti sono scaturiti dalla indagine della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, che ha avanzato 169 richieste di misure cautelari (131 in carcere, 38 ai domiciliari) emesse dal GIP del Tribunale calabrese ed eseguite da carabinieri di ROS e Comando provinciale di Crotone. Tredici destinatari della misura restrittiva sono stati localizzati in Germania, colpiti da mandato di cattura europeo operato dai poliziotti del BKA (il Bundeskriminalamt). Le accuse sono, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, autoriciclaggio, porto e detenzione illegale di armi e munizioni, intestazione fittizia di beni, procurata inosservanza di pena e illecita concorrenza con minaccia aggravata dal metodo mafioso. 

Stando agli accertamenti, la ‘ndrangheta avrebbe messo le mani in vari settori, spaziando dal mondo delle imprese alla pubblica amministrazione. Sono coinvolti dieci politici calabresi, fra quelli in carica e quelli eletti in passato a cariche di primo piano in comuni, province e regione. 

 
Gli affari dell’organizzazione si sono propagati fino al Lazio, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto, per arrivare ai freddi lander tedeschi. Per inquirenti e investigatori la cosca Farao-Marincola aveva ordito una fitta rete d’imprese infiltrate nella raccolta di rifiuti, nella rigenerazione di plastiche e carta, nei servizi portuali, in quelli funebri. E aveva formato un cartello per stringere in una “morsa mafiosa” l’intera attività legata ai prodotti della pesca nel crotonese, entrando anche nel mercato ittico di Roma.
 
La cosca – secondo quanto accertato nelle indagini – hanno poi assunto il controllo di lavanderie industriali e di marchi di prodotti da forno e vinicoli imposti pure ai locali aperti da calabresi in Germania, attraverso un “patrocinio” dell’associazione dei ristoratori creata da un presunto sodale dei clan. Disposto il sequestro preventivo di beni per un valore di circa 50 milioni di euro.
 
9 gennaio 2018
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