E’ dal carcere che sarebbero partiti gli ordini per gestire la ramificata Spa della ‘ndrangheta sgominata in un’operazione dei Carabinieri che – su disposizione della magistratura di Catanzaro – hanno arrestato 169 persone. 

Secondo la ricostruzione fatta da inquirenti e investigatori, i tre calabresi al vertice della locale di Cirò, Giuseppe Farao (71 anni), il fratello Silvio (più giovane di un anno) e Cataldo Marincola (57), sebbene detenuti, avrebbero continuato a dare disposizioni su come gestire gli affari milionari e gli assetti gerarchici interni del sodalizio mafioso.

Gli ordini sarebbero stati ‘affidati’ alla moglie di Giuseppe Farao, Assunta Cerminara (65 anni), durante i colloqui col marito nella casa circondariale in cui l’uomo si trova, a Milano. La donna li avrebbe poi riferiti personalmente agli interessati.

Grazie a lunghe e approfondite indagini sono stati messi nero su bianco nomi, cognomi e competenze di ciascuno. A Vito Castellano e Giuseppe Sestito la responsabilità dell’area di Cirò Superiore, la gestione dei soldi in cassa (la ‘bacinella’) e la programmazione delle speculazioni imprenditoriali. In particolare, il primo si sarebbe occupato di imporre i prodotti vinicoli in Calabria e in Germania, il secondo dei rapporti con le organizzazioni criminali di Cutro e San Leonardo di Cutro. Salvatore Morrone avrebbe avuto in carico Cirò Marina, monitorando il monopolio dei prodotti da forno e i servizi di onoranze funebri tramite società intestate a prestanome. In più, avrebbe ricoperto il ruolo di ‘ambasciatore’ della cosca. Giuseppe Spagnolo e Martino Cariati erano i capi dell’ala militare. E a Vittorio Farao (figlio di Silvio) erano destinati gli affari legati al gioco online e alla raccolta di rifiuti.

9 Gennaio 2018 

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