L’evoluzione della situazione internazionale ha nel tempo determinato una paritetica evoluzione del concetto strategico della NATO al punto che oggi l’Alleanza costituisce in Afghanistan (area di maggior delicatezza e sensibilità internazionale), il “braccio armato” delle N.U.

Come per tutte le alleanze di questo mondo, la NATO nasce per uno ragione ben precisa: “difendere l’occidente dalla minaccia di invasione da parte del blocco comunista orientale”.

Nel momento del crollo dell’URSS e la conseguente scomparsa del Patto di Varsavia, l’alleanza dopo un momento di incertezza determinato dal venir meno della minaccia ormai tradizionale, è sopravissuta,  mantenendo la funzione base di alleanza militare difensiva ma nel contempo ampliando  le competenze anche alla difesa degli interessi  degli alleati in azioni fuori area e ad interventi di pacificazione ed umanitari, in seguito codificati nel nuovo concetto operativo a Washington nel 99 e nei comunicati finali dei vertici NATO successivi.

Questa rinnovata ed attualizzata nuova “Ragion d’essere” ha di molto avvicinato la funzione dell’alleanza agli scopi indicati da alcuni articoli del capitolo settimo della Statuto dell’ONU.

In tal modo, alla richiesta da parte delle Nazioni Unite, la NATO ha potuto aderire assumendo in Afghanistan, il compito, di pacificare l’area.

Vi sono stati negli ultimi tempi e vi sono tutt’ora altri esempi di impiego di unità militari di diversi Stati in operazioni di peace keeping o enforcing, sotto egida ONU (il Libano ne è un chiaro esempio), ma quello dell’impegno Nato in Afganistan, a me pare costituire un “precedente” particolarmente significativo, perché si tratta dell’impiego di una forza preorganizzata, stabile, con  capacità operativa consolidata ed una capacità d’intervento pressocchè immediata, come sarebbe nel caso di una forza appartenente alle N.U.

Queste considerazioni basate sulla realtà dell’impegno in Afganistan, consentono la formulazione dell’ipotesi che il futuro dell’alleanza può e deve tendere ad un consolidamento della sua funzione di strumento militare di intervento per le N.U. con un raggio d’azione sempre più ampio, su mandato ONU deciso in sede del Consiglio di Sicurezza in applicazione dello Statuto.

Può costituire l’elemento di partenza per dotare progressivamente nel tempo l’ONU di quella capacità di cogenza sempre sognata e mai realizzata. Può essere l’inizio di un percorso che può portare alla costituzione di una forza di sicurezza e stabilità mondiale.

Tale visione di prospettiva, determina la necessità di una serie di mutamenti sia di carattere concettuale, che di carattere organizzativo.

In sede concettuale, pur mantenendo inizialmente la sua caratteristica di strumento di difesa militare, per l’indispensabile necessità di conservare l’attuale capacità operativa, deve parallelamente definire compiti e procedimenti sempre più rispondenti alle necessità di aver la capacità di operare non solo in sede di peace keeping e enforcing, ma anche in quella di nationbuilding .

In sede organizzativa i mutamenti e le progressive evoluzioni  riguardano:

1        La tipologia dello strumento militare che deve comprendere:

–                Una sempre maggiore quantità di forze adatte a fronteggiare forze di tipo guerrigliero,

–                terroristico, insorgente.

–                Una sempre maggiore capacità di proiezione (expeditionary).

–                Una preorganizzazione di Comandi di unità complessa con unità preassegnate e capacità di gestione anche di rinforzi, con l’assegnazione preventiva di aree di responsabilità per eventuali interventi esterni.

–                Una costante ricerca di progressi in sede di interoperatività.

–                Una ripartizione di funzioni tra le FF AA dei diversi alleati,  ( in un secondo tempo).

2        L’organizzazione parallela di uno strumento comprendente Forze d Polizia e strutture di Governance idonee ad avviare l’opera di Nation building.

3        L’organizzazione parallela di una capacità d’intervento di carattere umanitario e di soccorso post calamità.

      4     Il progressivo allargamento della NATO con l’adesione nel tempo di un numero sempre

            Maggiore di stati effettivamente democratici, a partire dalla Russia via via verso Giappone,                 Australia, India ecc.

Se l’Alleanza Atlantica vuole  rimanere in vita e costituire un organismo importante sulla scena mondiale,  deve trovare per la sua esistenza una ragione adeguata alle esigenze dei tempi.

Il futuro delle alleanze per la sicurezza, pur dovendo ancor oggi mantenere una organizzazione ed una capacità operativa di tipo militare (anche per assicurare funzionalità ed efficienza) debbono orientare la loro funzione ad interventi contro situazioni di destabilizzazione locale più che a interventi di tipo bellico di grande dimensione.

Una NATO (col nome anche lui adeguato nel tempo) che costituisca uno strumento con capacità di intervento rapido contro emergenze che rendano precaria la stabilità d’area o mondiale, assume un significato di aderenza alle esigenze della situazione e non ancorata ad un passato superato.

D’altra parte il dar vita in altro modo ad uno strumento di intervento in situazioni di emergenza per le N.U., nell’ambito delle stesse, appare oggi impresa pressocchè impossibile.

L’evoluzione progressiva della Nato, nei modi sopra tratteggiati, costituisce il luogo dei punti di convergenza della necessità di mantenere in vita l’Alleanza con prospettive di effettiva utilizzazione e nello stesso tempo assicura all’ONU una decisiva capacità di intervento.

Conosco benissimo le difficoltà che si possono frapporre alla progressiva realizzazione di questo processo, esse sono dovute a reali visioni egoistiche, di carattere politico e soprattutto alla mancata percezione di una minaccia globale, come invece accadde al momento della nascita della NATO, ma rimango nella convinzione che la prospettiva per il mantenimento di una Alleanza basata su una reale necessità e con prospettiva di sviluppo di valore storico, sia quella sopra tratteggiata.

Tale visione di ragionevole prospettiva può costituire la base per la definizione di una linea di pensiero di politica estera, relativa al rapporto ONU-NATO. L’Italia, membro importante dell’Alleanza deve da una parte operare per l’attualizzazione dei compiti e delle procedure d’intervento dell’Alleanza e dall’altra prodigarsi in sede internazionale per il suo progressivo allargamento, elemento determinante per l’assunzione di sempre maggiori interventi a nome e sotto l’egida delle NU di cui potrà diventare lo strumento operativo di cui sempre si è lamentata la mancanza.

                                                                                                   Sen. Gen. Luigi RAMPONI

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