MISSIONI DI PACE

Quale Relatore per la Commissione Difesa del disegno di legge n. 1715 “Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali”, riferirò alle Commissioni attenendomi strettamente all’articolato evitando ogni riferimento al dibattito in corso sull’argomento partecipazione italiana alle operazioni di pace.

Nel caso durante la discussione emergessero differimenti specifici, mi riservo di esprimere il mio pensiero in sede di replica.

Il disegno di legge in esame riguarda la della partecipazione italiana a missioni internazionali.

La partecipazione italiana a missioni internazionali costituisce l’elemento concreto e qualificante del contributo che l’Italia offre per la pace e la stabilizzazione mondiale.

Da tale partecipazione, dalla sua ENTITÀ QUANTITATIVA, (Circa ben 8600 unità), dalla capacità operativa delle sue unità d’impiego, DALLA GARANZIA DI STABILITÀ che la presenza dei nostri uomini e donne offre a popolazioni meno fortunate della nostra, dal MANTENIMENTO DELLA SICUREZZAnelle aree a noi affidate, dall’apporto fondamentale ALLA LIBERAZIONE DAL BISOGNO E DALL’EMERGENZA prima ed al RIAVVIO DELLO SVILUPPO poi che IL CORAGGIOLA PROFESSIONALITÀ E LO SPIRITO DI SACRIFICIO che nostro personale assicura, da tutta una ulteriore serie di elementi positivi che accompagnano il nostro impegno in operazioni internazionali, derivano all’Italia :

– un elevato RITORNO DI PRESTIGIO internazionale sul piano politico e sul piano psicologico;

– un elevato SENSO DI GRATITUDINE da parte delle popolazioni e dei governi a favore dei quali sono operati gli interventi;

– UNO STRUMENTO EFFICACE di intervento in sede internazionale nelle mani del nostro governo, sia in periodi di stabilità, sia e soprattutto in periodi di emergenza , in occasione dei quali le iniziative di politica internazionale dell’Italia sono sostenute ed accompagnate da una ormai acquisita, nella opinione pubblica internazionale, capacità di assolvere brillantemente missioni di pace.

L’impegno italiano in tali operazioni non deve essere visto solo come impegno militare per riportare la pace e la stabilità in aree caratterizzate da instabilità, conflittualità, gravi rischi per la popolazione, attacchi terroristici che costituiscono minaccia alla pace mondiale. I risultati di tale impegno devono essere considerati quale elemento fondamentale ed essenziale per l’affermazione delle istituzioni democratiche e per il riavvio dello sviluppo di quelle aree.

Senza una condizione di pace e stabilità è inutile parlare di democrazia, di ristabilimento della giustizia, di ripresa di attività produttive, di restituzione a quelle popolazioni di una qualità della vita democratica e decorosa.

Questo è il grande significato politico della partecipazione italiana alle operazioni internazionali di pace e sotto tale veste il Parlamento deve approvarne l’esecuzione ed accettare il gravoso onere di spesa per il loro sostegno finanziario.

A queste considerazioni di carattere strettamente politico si debbono aggiungere alcune considerazioni di carattere etico-professionale che riguardano il complesso delle attività condotte dalle nostre Forze Armate. Per loro la partecipazione a questo tipo di operazioni assume un altissimo valore e caratterizza eticamente, moralmente il loro lavoro. Esse nel tempo e tuttora hanno dimostrato e dimostrano di essere all’altezza del compito e di rappresentare nell’intero contesto mondiale un elemento di grande prestigio, di grande professionalità, di grande coraggio e di grande abnegazione al servizio dell’Italia. Nell’intero contesto mondiale nell’ambto delle grandi organizzazioni internazionali (ONU- NATO- UNIONE EUROPEA-UNIONE AFRICANA); nella mente e nel cuore della massa delle popolazioni delle aree di operazione; ma in realtà in tutta quella parte della società umana che pone la sua attenzione nei confronti della pace esiste una grande stima, considerazione, fiducia e senso di affidabilità nei confronti delle nostre Forze Armate impegnate nelle operazioni umanitarie peace-keeping e peace-enforcing.

Il decreto in oggetto prevede la copertura finanziaria per un periodo di quattro mesi, da luglio ad ottobre, e non di sei come negli ultimi tempi avvenuto di consuetudine perché si prevedono variazioni di entità e di durata verso la fine dell’anno.

Si riferisce a 28 missioni e prevede un costo complessivo di 510 milioni di euro gran parte dei quali attribuiti al Ministero della Difesa (€ 452.000.000).

La presenza complessiva è pari a circa 8.650 unità.

Rispetto alla situazione precedente si registra la conclusione della missione nel Ciad e della missione del Gruppo Navale 28 in Albania e la missione della Guardia di Finanza in Haiti.

Desidero ora formulare alcune considerazioni relative alle missioni principali riservandomi in sede di replica di fornire elementi di risposta a chi li richiedesse, riferiti alle missioni minori.

  1. AFGHANISTAN:

La missione in Afghanistan costituisce certamente l’impresa di maggior sensibilità e delicatezza fra tutte le missioni. Come noto durante il periodo in esame si svolgeranno le elezioni politiche nell’area e l’esigenza e garanzia di sicurezza ne viene evidentemente esaltata.

Dopo aver ceduto il comando dell’Aisaf per normale rotazione, una parte delle forze schierate a Kabul è stata trasferita ad Herat (provincia sotto il nostro controllo) al fine di rinforzare le nostre strutture. Sono stati inoltre previsti in occasione delle elezioni un rinforzo di circa 400 unità, di alcuni mezzi aerei e l’invio di ulteriori 100 carabinieri dedicati all’addestramento delle Forze di polizia irachene.

Nel complesso sino ad elezioni avvenute la presenza italiana è prevista essere pari a 3.230 uomini. Non vi è dubbio che ad elezioni avvenute si dovrà prendere in considerazione la definizione di una strategia per il progressivo disimpegno della presenza militare nell’area che sin d’ora appare condizionata dai seguenti elementi:

– progressivo impegno operativo convergente delle forze NATO in Afghanistan e nelle forze pachistane in Pakistan contro Talebani e Al Queda al fine di ridurne le potenzialità e costringerli al dialogo;

– progressiva acquisizione da parte delle Forze Armate afgane del controllo nel territorio;

– avvio di una soluzione diplomatica favorita dall’indebolimento degli insorgenti e dei terroristi;

Un aspetto politico assai delicato della situazione afgana è rappresentato dallo scarso consenso che il Presidente Karzaj pare avere anche presso la società moderata.

È sperabile che le elezioni possano determinare un rinnovamento della compagine alla guida del Paese, tale da garantire maggiore rettitudine ed affidabilità.

Questo, assieme ad un successo delle operazioni militari in Afghanistan e Pakistan, potrebbe favorire l’avvio di una exit strategy.

  1. LIBANO:

l’attuale presenza italiana si aggira attorno alle 2.100 unità tra UNIFIL e UNIFIL marittima, è la presenza più forte anche in funzione del fatto che il comando di entrambe le missioni è affidato all’Italia ed è stato confermato per tutto il 2010.

Allo scadere di quell’anno è prevedibile una riduzione dovuta alla cessione di comando.

La situazione politica, è giudicata ancora instabile, nonostante il buon risultato delle elezioni e la sostanziale tranquillità del periodo pre e post elettorale.

Anche un recente episodio di tensione tra la popolazione dell’area e personale dell’UNIFIL, conferma l’opportunità di non variare l’entità della presenza.

  1. AREA BALCANICA:

La stabilità della situazione fa prevedere una riduzione delle forze k-for presenti in loco.

Per noi dovrebbe passare da 2.300 a 1.900 e progressivamente oltre.

In Bosnia la presenza dei circa 300 uomini nell’ambito dell’operazione Althea dell’Unione Europea, muterà tipologia passando ad una funzione di addestramento.

  1. PIRATERIA:

Interessa le coste somale, il Golfo di Aden, l’Oceano Indiano, dove i mercantili in transito sono oggetto di violenti attacchi di pirateria. Si pensi che nel Golfo di Aden in un anno transitano 30.000 navi e gli attacchi sono centinaia.

Il fenomeno ha naturalmente per la sua grave pericolosità calamitato l’attenzione di molti Paesi che hanno dato vita a diversi missioni.

L’Italia partecipa alla missione Atalanta dell’Unione Europea, ma è anche presente ad una missione NATO Ocean Shild.

Sono del pari presenti un’altra missione guidata dagli USA, una missione russa, una indiana, una pakistana, una degli Emirati Arabi Uniti, una cinese ed una iraniana. Sarebbe estremamente opportuno una integrazione di tutte queste missioni per lo meno tra quelle dell’Unione Europea, della NATO, degli USA.

Per il regime penale delle missioni antipirateria il decreto recepisce le modifiche apportate dal decreto-legge n. 61 del 2009 relativo alle norme sull’attività antipirateria indicando la competenza dell’autorità giudiziaria italiana per i soli reati commessi in danno di cittadini e beni italiani e l’invio agli accordi internazionali per la consegna ad altri Paesi di pirati catturati da militari italiani in acque internazionali o somale, responsabili di atti di violenza contro cittadini e beni stranieri.

ALTRE CONSIDERAZIONI DI CARATTERE GENERALE

Una novità rispetto alla situazione precedente, è rappresentata dalla norma che prevede che per soddisfare esigenze di prima necessità delle popolazioni dei territori in cui si svolgono le missioni internazionali, i comandanti dei contingenti militari possano disporre interventi urgenti o acquisti e lavori utilizzando risorse messe a disposizione da amministrazioni pubbliche diverse da quelle stanziate dalla difesa delle quali in precedenza poteva unicamente avvalersi.

Si tratta di attività di cooperazione civile-militare intesa a sostenere progetti di ricostruzione, operazioni di assistenza umanitaria, assistenza sanitaria e veterinaria, nonché interventi nei settori di istruzione e di pubblica utilità.

Un’altra osservazione: oltre alla presenza estremamente diffusa in attività di polizia e di addestramento della forza armata carabinieri presso la stragrande maggioranza delle operazioni, sono anche presenti in cinque operazioni la Polizia di Stato, in quattro operazioni la Guardia di Finanza, della Polizia Penitenziaria in una operazione e della Croce Rossa in un’altra.

Per quanto ha tratto con le operazioni svolte dalla Guardia di Finanza, assume rilievo la missione in Libia per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani. L’operazione prevede la cessione al Governo libico di 6 unità che operano con equipaggio libico e con la presenza di militari del corpo della Guardia di Finanza in qualità di osservatori.

Le intese collaborative raggiunte assumono importanza strategica per la politica nazionale ed europea in materia di immigrazione clandestina, a motivo della rilevanza dei flussi migratori provenienti dalle coste libiche, nonché della possibilità di una successiva saldatura con le analoghe iniziative internazionali già avviate dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea (Frontex).

Il ddl autorizza il Ministero della Difesa a cedere, a titolo gratuito, materiali per l’allestimento di un campo tende alle Forze armate afgane, con un onore di € 710 mila e dispositivi per lo sminamento e per la rilevazione di esplosive e sostanze stupefacenti alle Forze armate libanesi per un onore di € 450 mila.

Per quanto ha tratto con il trattamento economico accessorio, da erogare al personale che partecipa a diverse missioni, una norma dell’articolo innova rispetto al precedente, prevedendo che per la missione UNIFIL sia corrisposta la stessa diaria che viene corrisposta alla missione in Afghanistan, rispettando in tal modo un principio di equità salariale.

In occasione della illustrazione della situazione relativa al decreto fatta dal signor Ministro della Difesa lo stesso ha dichiarato: “Per il regime penale mi sono interrogato, come mi veniva suggerito da ambienti parlamentari, se fosse necessaria una modifica e alla fine ho optato (e spero di avere il vostro consenso) per la conferma mediante l’invio al codice penale militare di pace per tutte le missioni.

Per la verità, credo che la decisione sia giusta. C’era chi affermava fosse preferibile il codice penale militare di guerra anziché quello di pace, ma la scelta migliore in effetti sarebbe formulare norme specifiche per le missioni internazionali, che per alcuni versi si trovano in una linea mediana tra i due modelli indicati. In questa fase, però, non essendovi la possibilità di tracciare questa linea mediana, abbiamo optato per proseguire nella scelta del codice penale militare di pace che ha modificato però quella originaria che prevedeva l’utilizzo del codice penale militare di guerra per le prime missioni.”

Le perplessità del Ministro sono perplessità che si trascinano sin dall’inizio delle missioni internazionali di pace e nel corso del tempo si è rimbalzati dal codice penale militare di pace a quello di guerra e viceversa, aprendo la stura a commenti di varia natura alcuni dei quali strumentali specialmente quando vedendo applicato il codice penale militare di guerra si è affermato che conseguentemente l’Italia considerava le missioni come vere e proprie operazioni di guerra.

Dice il Ministro: “… la scelta migliore in effetti sarebbe formulare norme specifiche per le missioni internazionali, che per alcuni versi si trovano in una linea mediana fra i due modelli indicati….”. Mi sono chiesto da tempo che cos’è che rende difficile la formulazione di norme specifiche? Il primo passo essenziale per dar vita ad un codice per le missioni internazionali di pace è la definizione in Costituzione della fattispecie operazioni militari di pace, prevedendo per le Forze Armate oltre allo status di pace e allo status di guerra, che già sono presenti, lo status appunto di operazioni militari internazionali di pace.

A questo proposito ho presentato da anni un disegno di legge che introduce questo principio dal quale poi sarà agevole proporre una legge che appunto regoli le attività che vengono svolte in tale situazione.

Il disegno di legge è stato ignorato nella scorsa Legislatura e reiterato in questa giace da un anno presso la 1a Commissione, nella speranza che presto venga messo in discussione. È vero che l’iter di modifica di una norma costituzionale è lungo e complesso ma è altrettanto vero che l’entità del problema è estremamente semplice, chiaro, condivisibile per cui è prevedibile che con una settimana di discussione in Commissione e un’ora di discussione in Aula per ciascuna Camera nel numero previsto di passaggi, la risposta alle perplessità relative all’argomento si potrebbe esaurire con scarsissima spesa di tempo in un mese speriamo.

In conclusione:

  • il decreto del GovernoCOPRE IN MANIERA SODDISFACENTE LE SPESE RELATIVE AL PERIODO LUGLIO-OTTOBRE 2009 per l’effettuazione delle operazioni internazionali condotte dalle Forze Armate e dalle Forze di Polizia Italiane;
  • L’AMMONTARE DELLE RISORSE RISULTA CONGRUO RISPETTO A QUANTO AUSPICATO DALLA COMMISSIONE DIFESA DEL SENATOin sede di parere sulla legge finanziaria e di bilancio;
  • Nel complessoLA PRESENZA ITALIANA NEI VARI TEATRI DI CRISI APPARE ALL’ALTEZZA DEL POTENZIALE ECONOMICO/POLITICO DELLA NAZIONE;
  • Anche laPARTECIPAZIONE ALLE MISSIONI ANTIPIRATERIA È MOTIVO DI SODDISFAZIONE DAL MOMENTO CHE RECEPISCE UN INVITO DEL SENATO AL GOVERNO, FORMULATO IN UNA RISOLUZIONE;
  • Viene ancora una voltaCONFERMATA LA AFFIDABILITÀ CHE L’ITALIA, CON LE SUE FORZE ARMATE E CON LE SUE FORZE DI POLIZIA, METTE IN LUCE in ambito internazionale in situazioni difficili ad alto rischio e spesso drammatiche sia per le popolazioni che per i nostri operatori, come purtroppo ha dimostrato il recente episodio in Afghanistan che ha portato la morte al Caporal Maggiore Alessandro Di Lisio e al ferimento di altri 3 paracadutisti;
  • L’IMPEGNO DEI NOSTRI SOLDATI COSTITUISCE MOTIVO DI GRANDE STIMA E GRATITUDINE DA PARTE DELLA SOCIETÀ ITALIANA NEI LORO CONFRONTI. Essi costituiscono una autenticaFORZA per l’Italia;
  • UNA FORZA DI CARATTERE POLITICOin sede internazionale, UNA FORZA DI CARATTERE PROFESSIONALE, UNA FORZA UMANITARIA, UNA FORZA DI PACE E DI STABILIZZAZIONE CONTRO LE MINACCE TERRORISTICHE E SOVVERTITRICI DELLA DEMOCRAZIA IL RICONOSCIMENTO DI STIMA E GLI ATTESTATI DI GRATITUDINE CHE L’ITALIA RICEVE PUNTUALMENTE IN OCCASIONE DELL’AVVENUTA NEL NOSTRO PAESE DI ESPONENTI POLITICI DI NAZIONI GRANDI E PICCOLE È LA PROVA PIÙ VERA DELLA AUTENTICITÀ DI QUESTA AFFERMAZIONE;
  • AGLI UOMINI ED ALLE DONNEche ne fanno parte e danno vita allo strumento di difesa e sicurezza italiano VA LA NOSTRA STIMA PER LA CAPACITÀ PROFESSIONALE, PER LO SPIRITO DI SACRIFICIO E PER IL CORAGGIO E LA NOSTRA GRATITUDINE PER L’AZIONE DI PREVENZIONE E DI TUTELA DAI PERICOLI E DALLE MINACCE, NON SOLO A FAVORE DELLE POPOLAZIONI SOCCORSE MA (IN UNA VISIONE GLOBALE DELLA SICUREZZA), ANCHE PER LA NOSTRA SOCIETÀ.
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