9 ottobre 2013

 

Abbiamo vissuto gli ultimi venti, venticinque anni, accompagnati da due linee d’informazione che viaggiavano parallelamente, esprimendo concetti diametralmente opposti.

La prima affermava, sviluppava e diffondeva l’idea che i membri della società nazionale, consumavano al di sopra delle  reali possibilità del paese.  Tale affermazione, allegramente ripetuta per lungo tempo, era nel vero, ma nessuno avente facoltà decisionale in ambito politico se ne è minimamente preoccupato, o ha tentato di porre un freno allo spreco di risorse. Anzi, a dire il vero, l’impostazione della vita economico/sociale della comunità nazionale, è stata basata e si è sviluppata su quel tenore di vita, riconosciuto al di sopra di quanto le possibilità del Paese potessero consentire.

Ricordo che il mio insegnante di economia politica, l’illustre e bravissimo professor Papi della Sapienza di Roma, di fronte a qualsiasi problema di gestione economico/finanziari a, mi esortava a riportare il problema a livello famigliare ed a trarne le conclusioni. Mi diceva: ”se una famiglia consuma più di quanto le consentano le proprie risorse, è fatalmente destinata alla bancarotta, in tempi più o meno lunghi, sommersa dalla perdita di fiducia, dai debiti, dall’usura. Non si pensi che l’economia, anche se politica, possa ignorare tale fondamentale regola. Il governo può certamente contrarre debiti per la realizzazione di opere per lo sviluppo e la tutela della propria società, ma deve fare bene i conti sui ritorni anche di carattere economico, (come d’altronde può deve il buon padre di famiglia), e comunque, entrambi non debbono mai accollarsi debiti per consentirsi eccessi di spesa  superflui e mai recuperabili “. Parole sante. Oggi purtroppo di estrema attualità.

La seconda linea di informazione, invece, proclamava e diffondeva l’idea che una grande parte delle famiglie italiane non riuscisse economicamente ad arrivare alla fine del mese, anzi negli ultimi dieci anni nemmeno alla fine della terza settimana. Tali affermazioni, che potevano essere vere per un limitato numero di famiglie, endemico in tutte le società del mondo anche avanzato, erano palesemente esagerate e false. Fermo restando l’assoluto rispetto verso coloro che sono costretti a vivere una vita di stenti per ragioni di sfortuna o di altre cause accidentali; fermo restando che lo stato democratico deve sentire come primo dovere quello di alleviare tali sofferenze; fermo restando che tale intervento potrà essere tanto più efficace, quanto più sarà veritiera la individuazione di chi realmente soffre; l’affermazione che  da più di vent’anni dichiarava che una grande parte delle famiglie italiane non sarebbe arrivata alla fine del mese o, addirittura alla fine della terza settimana, appare priva di serio fondamento. Della sostanziale inattendibilità di tale affermazione fanno fede due constatazioni. La prima: i cittadini italiani sono i maggiori possessori di case al mondo. Cioè: la società italiana ha il più alto numero di proprietari di casa. Il che è bene, rappresenta la conquista di una fondamentale meta sociale che positivamente caratterizza il nostro modo di pensare, ma, di grazia, come può accadere questo in una società nella quale una grande parte delle famiglie non arriva alla fine del mese? Era chiaramente un’esagerazione menzognera. La seconda: il risparmio privato italiano è, nell’UE, il più alto dopo quello tedesco! Anche qui, come si concilia con le affermazioni di prima?

A questo punto, quale delle due informazioni era vera?  Purtroppo o, in un certo senso per fortuna, era vera la prima.  L’eccesso di consumo al di sopra delle reali possibilità del Paese, una volta raggiunto e superato il limite di sopportabilità, ha fatto incrinare tutta la struttura economica. Ne è derivata la perdita di fiducia da parte del mercato che, a sua volta, ha innescato il penalizzante aumento degli interessi sul prestito e lo spread rispetto alla Germania.

In quel momento, senza che fossero diminuiti i salari e senza che fossero aumentati i prezzi, il sistema basato su un eccesso dei consumi ha cominciato a cedere ed è iniziata, questa volta sì, la crisi vera.

E’ diminuita la domanda, sono calate le vendite, quindi le ordinazioni alla produzione. Le aziende si sono venute a trovare in grave difficoltà e sono iniziati i licenziamenti, la cassa integrazione, il forte aumento della disoccupazione, sino a giungere, questa volta sì, alla crisi per un grande numero di famiglie.

Quale possibile futuro? Pur essendo conscio dell’enorme difficoltà di previsione e, senza alcuna immodestia, in un prossimo articolo, tenterò di esprimere alcune considerazioni continuando a sviluppare il ragionamento sin qui esposto, nel tentativo di individuare le condizioni per una possibile via d’uscita.

Luigi Ramponi

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