10 marzo 2014

 

La rivoluzione scoppiata a Kiev ha avuto successo ed ha determinato la caduta del Governo di Yanukovich, contrario all’avvio di negoziati per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.

Lo stesso Yanukovich è fuggito in Russia, chiedendo la protezione di Putin.

Il cambio di Governo ha consolidato la vittoria di quella parte politica della popolazione ucraina, favorevole all’Unione Europea e, soprattutto, desiderosa di rendersi il più possibile libera dalla soffocante influenza russa.

Quanto accaduto a Kiev si è ripercosso sulla situazione crimeana dando luogo ad una crisi, determinata da una prima fondamentale ragione, anche se non la sola, ma certamente quella che ha un peso determinante nelle scelte in democrazia. La maggioranza della popolazione della Crimea è di origine russa e si sente legata alla Russia.

Il cambio di Governo a Kiev ha determinato la legittima preoccupazione da parte della popolazione della Crimea, favorevole invece al mantenimento di stretti rapporti con la Russia, inducendola ad assumere e manifestare atteggiamenti ed intenzioni tesi ad ottenere un vero e proprio rientro in seno alla madrepatria Russia.

In conseguenza, da parte degli abitanti della Crimea sono emerse dichiarazioni favorevoli ad un rientro in Russia, passaggi di componenti delle Forze Armate ucraine a quelle russe, timori di persecuzioni da parte degli ucraini non favorevoli alla Russia.

Il Presidente Putin ha provveduto a garantire la protezione della popolazione filo-russa inviando al confine, ma anche all’interno della stessa Crimea, truppe russe (all’interno senza armi), violando in tal modo la sovranità ucraina e minacciando una vera e propria invasione militare.

Ciò ha determinato una violenta reazione (per ora comunque solo verbale) da parte del nuovo governo ucraino, degli stati dell’Europa occidentale e degli USA.

Sarebbe troppo lungo entrare nel merito delle diverse dichiarazioni ed iniziative diplomatiche sviluppatesi fino ad oggi.

Mette conto, invece, prendere in considerazione alcuni aspetti incontrovertibili per cercare di formulare un’attendibile previsione.

La Russia non intende rimanere sorda al richiamo che le viene dalla parte di origine russa della popolazione di Crimea e, in modo deciso, condurrà iniziative di tutela senza però dar vita a forme di aggressione militare a meno di iniziative violente da parte del Governo di Kiev contro la popolazione crimeana. Ma ciò è assai difficile possa verificarsi.

Gli USA continueranno a sostenere, sia finanziariamente sia diplomaticamente il nuovo Governo ucraino ed adotteranno qualche iniziativa politica come la non presenza al G8 ospitato dai russi. Non andranno oltre.

Gli Stati europei si impegneranno a fondo per una soluzione politico diplomatica (probabilmente sotto egida OSCE), trovando un compromesso garantito e sicuro che tuteli la popolazione crimeana senza creare sconquassi.

La dipendenza europea dal gas russo, il notevole scambio commerciale, la situazione di crisi generale, inducono ad una assoluta prudenza di sostanza, rispetto alle dichiarazioni politiche più o meno roboanti, amplificate dai media sempre in cerca di notizie clamorose.

Da notare poi che per la stessa Russia, se è vero che non potrà ignorare la sicurezza dei crimeani di origine russa, se è vero che può condizionare l’Europa e la stessa Ucraina chiudendo i rubinetti del gas, è altrettanto vero che ha tutto l’interesse a vendere il gas e non potrà rischiare a sua volta gravi danni economici.

La stessa Russia poi dovrà usare molta cautela nella difesa della richiesta di indipendenza della componente di origine russa, la quale rappresenta una maggioranza in Crimea ma una minoranza nel contesto della popolazione ucraina, al fine di non risvegliare e dover legittimare analoghi aneliti di carattere nazionalistico da parte di numerose altre minoranze non russe, esistenti nello stesso suo ambito.

La NATO, che partecipa nella persona del segretario Rasmussen al dibattito internazionale con dichiarazioni più o meno minacciose, non può certo pensare ad alcun intervento di carattere militare.

Altrettanto non può decidere di fare fare il consiglio di sicurezza dell’ONU, dal momento che la Russia potrà sempre porre il veto ad ogni iniziativa di intervento anche se prevista dallo Statuto delle Nazioni Unite.

Scrivo queste note il 10 marzo, nel pieno della crisi. Pur sapendo che fare previsioni in sede di politica internazionale sulle prospettive di sviluppo di situazioni di crisi è talmente difficile da sconsigliarne l’effettuazione e, pur non sapendo con esattezza quando questo articolo sarà pubblicato, azzardo una previsione. Nessuna delle minacce di intervento bellico avrà luogo e nessuna decisione estrema, di quelle oggi ventilate attraverso gli organi di informazione potrà verificarsi. Nel giro di un paio di mesi la situazione in Crimea sarà stabilizzata seguendo l’interesse generale e i rapporti tra la Russia ed il resto del mondo verranno progressivamente ricomposti.

La soluzione ideale sarebbe quella di consentire alla popolazione crimeana di decidere democraticamente con un referendum il proprio destino nella speranza che tale decisione possa essere altrettanto democraticamente accettata da tutti. Non sarà facile, ma è legittimo sperare, in un momento di senso di responsabilità e rispetto dei diritti umani da parte di ciascuno dei diversi interessati.

Gen. Luigi Ramponi

Categorie: Pensieri