4 aprile 2014

 

Nel momento in cui scrivo queste note si vanno consolidando tre risultati importantissimi ai fini della ripresa economica della nazione.

Il primo dato riguarda il costante aumento, da alcuni mesi a questa parte, della fiducia da parte dei consumatori, confermata da numerosi attendibili sondaggi statistici. La seconda è la, del pari, aumentata fiducia in tempi analoghi da parte degli imprenditori, da parte di tutti coloro che hanno visto messe in discussioni le loro iniziative a causa della diminuzione della domanda interna. Il terzo dato, per certi versi ancora più interessante perché riferito ad una parte terza, è rappresentato dalla ripresa di interesse all’impiego di capitali da parte di investitori esteri.

La crisi del 2011 fu originata soprattutto da ragioni psicologiche. Spaventati dalla speculazione che determinava un’elevatissima differenza fra gli interessi pretesi per i prestiti fatti all’Italia rispetto a quelli fatti alla Germania (spread), gli italiani ridussero i consumi determinando una diminuzione della domanda senza che fossero aumentati i prezzi o fossero diminuiti i salari. Era diminuita la fiducia. La riduzione della domanda si ripercosse sulle vendite, sulle ordinazioni alla produzione, sulla produzione, incidendo negativamente sulla fiducia degli imprenditori.

Le notizie positive che ho citato all’inizio riguardano direttamente le vere cause della crisi e pertanto costituiscono un’attendibile possibilità di ripresa. Gli interventi del Governo possono certamente giovare nella misura in cui riescano a riequilibrare l’entità dei salari riducendo i più alti e distribuendo i risparmi tra coloro che percepiscono emolumenti più bassi o favorendo la nascita di nuovi posti di lavoro. Certamente nuove regole sui rapporti di lavoro, orientati ad una maggior flessibilità, saranno d’ausilio per la ripresa.

Desta piacevole meraviglia udire il Presidente del Consiglio, segretario del principale partito di sinistra, dichiarare l’assoluta necessità di rendere più flessibili tali rapporti, quando, sino a ieri e per sessant’anni la sinistra politica italiana, fortemente sostenuta dalla CGIL, ha predicato ed indotto all’emanazione di norme regolatrici detti rapporti di lavoro, estremamente penalizzanti per gli imprenditori come finalmente anche il buon Renzi ha capito.

Per ora la spesa pubblica non va ridotta, pena la diminuzione della domanda la quale, per determinare la ripresa deve essere aumentata eliminando in tal modo la vera causa che originò la crisi del 2011. Al di là di qualche effetto positivo che certamente può essere indotto da interventi governativi che determinino la riduzione soprattutto dei pesi burocratici e delle tasse (assai difficile se non improbabile nella realtà attuale) la vera leva della ripresa, considerato il buon andamento delle esportazioni può essere solo l’aumento della domanda interna.

Gli impiegati della Pubblica Amministrazione che risultassero in eccesso vanno redistribuiti ed assegnati nelle aree carenti. Ad esempio: le indispensabili nuove strutture per la gestione del sistema di sicurezza cibernetica presentano esigenze di personale, anche semplicemente dotate di normale esperienza impiegatizia, per dar vita e gestire organi nuovi essenziali per la gestione di un settore che, nel tempo, assumerà sempre maggiore importanza. In questa direzione è molto apprezzabile l’ipotesi formulata dal neo ministro della difesa che propone il trasferimento di personale dal proprio ministero a quello della giustizia che risulta carente di impiegati d’ordine.

Licenziare 85.000 lavoratori considerati, al termine della spending review, in esubero è oggi improponibile per la ragione prima esposta e perché, nel caso ciò avvenisse, gli interessati andrebbero o a gravare sul bilancio già pesante delle pensioni, o peggio, diverrebbero disoccupati aumentando il già elevato tasso di disoccupazione.

Pensiamo forse ad una cassa integrazione per i licenziati statali?

Deve, del pari, essere considerata erronea la decisione di ridurre le spese dello Stato già oggi di 40 miliardi al di sotto delle entrate (a meno degli interessi da corrispondere per i prestiti) e comunque, rispetto al PIL, inferiore a quella degli principali partners europei.

Spending review significa revisione della spesa, cioè del come si spende, non spending reduction che significherebbe riduzione della spesa.

I segnali positivi, i dati in crescita della fiducia dei consumatori e degli imprenditori vanno in tutt’altra direzione.

I consumatori stanno superando la paura nata nel 2011, non dall’aumento dei prezzi né dalla diminuzione dei salari ma da timori generati dalla speculazione sui prestiti (spread) e dalla grancassa mediatica che, tra l’altro, ha portato a decisioni cervellotiche dalle conseguenze disastrose come la Legge Fornero o altre iniziative dei cosiddetti professori.

Gli imprenditori hanno fiutato tale novità e la loro fiducia è aumentata perché contano su un aumento di commesse e, quindi di lavoro.

Gli ultimi dati presentano una inflazione ai valori minimi. E’ importante che le varie categorie di venditori dimostrino lungimiranza nel caso del verificarsi dell’auspicato inizio di ripresa della domanda e non si lascino prendere dalla insana e miope mania dell’approfittamento, aumentando subito i prezzi che, invece, debbono rimanere fermi per non scoraggiare i consumatori e bloccare in tal modo la ripresa.

Infine, l’arresto della discesa complessiva dei consumi di recente registrata e l’aumento della richiesta di mutui per l’acquisto di nuove case confermano l’inizio di una possibile ripresa. Essa sarà certamente di proporzioni limitate e dalla durata estesa a parecchi anni, sino a raggiungere un livello di vita migliore di quello attuale con significativa riduzione della disoccupazione, mai più pari a quello vissuto quando ci si lamentava di non riuscire a raggiungere la fine del mese o addirittura la fine della terza settimana.

Ad ogni buon conto siamo all’inizio della ripresa.

Gen. Luigi Ramponi

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