12 giugno 2014

 

Quali “rari nantes in gurgite vasto” i resti di quella che fu la classe dirigente di Alleanza Nazionale, si dibattono fra le onde e i gorghi che lentamente ma progressivamente li stanno sommergendo e annullando. La parabola storica di Alleanza Nazionale è fatta di entusiasmi, di importanti intuizioni politiche, di sani e forti principi, ma anche di miserie, di errori e di tradimenti. Ci sono stati successi ed insuccessi sino a giungere ad una conclusione ingloriosa e mortificante per i tanti cittadini onesti che in noi avevano creduto e che oggi, delusi e perplessi si sentono traditi e abbandonati.

L’ intuizione originatrice di Alleanza Nazionale fu di Gianfranco Fini, sostenuto fortemente ma, in maniera discreta, da Tatarella, Matteoli e qualche altro. La definizione del progetto e la presentazione iniziale furono opera di un gruppo composto da Basini, Armani, Fisichella, Rebecchini, Ramponi, Selva con Urso che fungeva da trait d’union tra il gruppo dei “nuovi” e i vertici del MSI. Dopo un’attività di preparazione, durata quasi un anno, agli inizi del 1994, all’hotel Ergife nacque il nuovo partito, con il suo nome: Alleanza Nazionale e con il suo nuovo stemma. Alle elezioni raggiungemmo il 13,5% (l’MSI aveva il 5,5%) e alleati con Udc, Lega e F.I. andammo al governo. Nel partito, la struttura, che seppur precaria, era basata su un equilibrio di presenze e responsabilità tra i “vecchi” dell’MSI e i “nuovi”, piano piano vide il progressivo annullamento di tale parità e la riemersione e preponderanza della vecchia struttura dell’MSI, con la conseguente messa in secondo piano dei “nuovi”. Questo processo: (primo gravissimo errore politico) partì da Fiuggi e si andò realizzando nel tempo, tanto che dopo pochi anni, del gruppo fondatore di Alleanza Nazionale, eravamo rimasti solo Io e Selva, seppur in posizione marginale e non più inseriti nella struttura di guida del Partito. Si vennero formando anche le diverse correnti, eredità dell’MSI, che finirono per condizionare le scelte e soprattutto l’assegnazione degli incarichi, nell’ambito del partito. Furono anche fatte scelte sbagliate come quella dell’elefantino in unione con Segni!. Parecchie persone che avevano aderito ci abbandonarono e la nostra forza scese al 10%. Poi nel 2008 la scelta improvvisa di Fini di aderire, assieme a Forza Italia, al nuovo partito: il Popolo della Libertà. Anche se non concertata e discussa in ambito A.N., non fu, a mio parere una scelta sbagliata. Fu coerente con la logica del bipolarismo, della compattezza di un forte centro destra, nell’ambito di un contesto politico internazionale che vedeva già allora consolidate presenze bipolari in ambito strutture politiche dei diversi paesi democraticamente avanzati. A quel punto sostanzialmente finiva la storia di Alleanza Nazionale. Provai un grande, legittimo dispiacere, ma, ripeto trovai la scelta(a prescindere dal modo di come si era decisa), adeguata all’evoluzione dei tempi. Il peggio, o meglio il male venne dopo. Una vera fusione in un unico partito non avvenne mai, sia per la scarsa determinazione di Berlusconi in altre faccende affaccendato, sia per l’assoluta incapacità o non volontà del triunvirato che avrebbe dovuto guidare la fusione, sia per la stupida tolleranza nei confronti del permanere di un conflittualità strisciante fra le due componenti. Chi avrebbe dovuto e potuto curare la realizzazione strutturale ed unitaria del nuovo partito, visto che a Berlusconi aveva più volte dimostrato disinteresse o incapacità in questo settore. Molti dei personaggi da lui scelti e posti in posizione di rilievo, nel corso di questi anni, hanno lasciato parecchio a desiderare e la stessa Forza Italia non ha mai raggiunto un’autentica e solida struttura. Chi poteva portare a termine questo grande progetto politico organizzativo, se non Gianfranco Fini, forte del suo prestigio e della sua preparazione politica. Ma, Fini fece il primo grande rifiuto. Liberatosi del fardello della guida di A.N., lasciò i suoi uomini in balia del caso e si ritagliò un posto al di fuori della mischia, lui che aveva contribuito a crearla, assumendo la carica di Presidente della Camera. Rimanemmo così senza guida, in balia dei vari capicorrente, senza un’autentica difesa nel rapporto di inferiorità del 2 a 1, con un destino incerto nelle mani di una triade incapace.

Tuttavia, finche Fini rimase, seppur in una posizione di super partes, all’interno del partito, continuavamo ad avere almeno un riferimento di valore. Ma, proprio qui avvenne il secondo disastroso errore. La sua rottura pubblica con Berlusconi. Fu, per il PdL l’inizio della fine e per noi di AN, un nuovo 8 settembre!, il Big Bang!. Frantumati in gruppi diversi, incerti su chi seguire, dal punto di vista della guida, eravamo allo sbando. Ognuno scelse secondo coscienza, qualcuno di scelte ne fece due, andata e ritorno, (doppia figura di m…….). Per quelli rimasti nel PdL, che erano la maggior parte, rimanevano le correnti, quale punto di riferimento, ma anche di contrasto interno. Qualche mese prima della fine dell’ultima legislatura, mi prodigai presso i capicorrente ex A N, per convincerli ad unirsi, per dar vita ad un blocco unico in seno ad un PdL che, dopo il fallimento dell’esperimento Alfano, aveva perduto percentuali altissime di consenso ed era destinato alla sconfitta. Il gruppo compatto degli ex AN, eventualmente con l’aggiunta di qualche simpatizzante, avrebbe costituito un elemento di forza nel momento delicato della definizione delle candidature. Non ebbi successo e il risultato appare oggi chiaro. I parlamentari di provenienza AN dopo le ultime elezioni, sono ridotti ad una misera pattuglietta, rispetto alla importante presenza precedente. Isolati e litigiosi, sono stati massacrati al momento della presentazione delle candidature. Oggi, continuano a essere divisi in più formazioni, tutte rivendicanti il diritto di essere i veri rappresentanti della destra, con percentuali di consenso pari a prefissi telefonici o poco più, mentre alcuni che hanno salvato solo se stessi, vivacchiano in seno al PdL in attesa del loro definitivo assorbimento nel ricostituito Forza Italia. La gente che per tanto tempo ci ha gratificato del suo consenso, appare frastornata. In chi deve avere più fiducia? In che cosa deve credere, se non esiste né una proposta unitaria né una politica comune ad una destra moderna, unita, compatta che sappia presentare una linea di proposta per la soluzione dei problemi politici attuali? Penso sia giunto il momento della fine delle stupide, egoistiche, misere divisioni. Penso sia il momento della riunione sotto un’unica bandiera di tutti coloro che credono nei valori fondamentali della destra, Di una destra moderna che guardi al futuro che affronti i problemi politici attuali e ne proponga soluzioni serie ispirate dai nostri immutabili principi, ma calate nella realtà e soprattutto fattibili e scevre da demagogia e teoricità. Si riuniscano i vertici delle tante formazioni, costituiscano un comitato di unione e ricostituzione di un unico partito, diano vita ad un gruppo di lavoro di esperti che definisca una linea di proposta e soluzione dei problemi politici attuali. Solo in questo modo, dimostrando maturità e vero senso di responsabilità e rispetto nei confronti della società, garantiranno un vero servizio alla nazione, e, un riferimento sicuro a quei cittadini che anelano solo di poter credere in una seria proposta ispirata dai valori della nostra civiltà.

Gen. Luigi Ramponi

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