20 luglio 2015

 

Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico fu imperatore di Roma negli anni dal 41 al 54 d.C. Lasciò scritto nel suo testamento che, dopo morto, sulla lapide della sua tomba, fosse incisa la seguente frase: “In vita, ho governato l’Impero in latino, ho cercato di vivere in greco”.

Dopo i ripetuti moniti di imboccare la strada dell’austerità, formulati da parte europea alla Grecia, in coincidenza con cospicui aiuti, elargiti con generosità, per colmare situazioni finanziarie spesso drammatiche in cui versava il Governo Ellenico; dopo la sottoscrizione di ripetuti impegni da parte dei vari Governi Greci, di seguire e soddisfare le condizioni poste da chi: (banche private estere, BCE, FMI, UE) aveva “prestato” somme ingenti di denaro per sostenere le esauste finanze greche, i responsabili della Cosa Pubblica Greca hanno continuato, non come diceva l’Imperatore Claudio, a governare  in latino, (oggi si dovrebbe dire in tedesco), ma in greco, guidando il proprio paese verso un completo disastro.

Negli ultimi anni della prima decade del 2000, anche Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda, oltre alla Grecia, si sono venute a trovare in condizioni di grossa difficoltà economico/finanziaria ed hanno dovuto, su imput europeo, adottare dure politiche di austerità. In Italia, prima con due decreti e l’ultima finanziaria del Governo Berlusconi e, successivamente con le spesso impopolari ma serie iniziative politiche dei Governi Monti, Letta e Renzi, la situazione economica dello Stato, è stata riequilibrata, a malgrado dell’enorme debito i cui costi pesano fortemente in maniera negativa sulle possibilità di spesa. Questo traguardo è stato raggiunto non in maniera indolore, ma attraverso notevoli sacrifici da parte della maggioranza dei cittadini, con gravi aumenti della disoccupazione e un forte calo dei consumi da parte della popolazione.  Il traguardo è stato raggiunto e consente al Ministro delle finanze Padoan, di garantire agli italiani che le nostre condizioni economiche sono solide e che L’Italia non corre alcun rischio in caso di default greco. La stessa cosa si è, in maniera simile, realizzata in quelle nazioni che, nel periodo prima indicato, si trovavano come Italia e Grecia in difficoltà. Solo la Grecia non ha rispettato completamente gli impegni ed ha continuato a trovarsi in gravissime difficoltà. La situazione si è poi ulteriormente aggravata quando, il Nuovo Governo Greco di forte ispirazione neo comunista, eletto sull’onda delle solite promesse elettorali demagogiche con le quali la sinistra, specie quell’estrema, è solita illudere gli elettori che a volte, come questa abboccano, ha peggiorato la situazione. All’interno, con provvedimenti irresponsabili di aumento di spesa, sul piano internazionale, assumendo atteggiamenti arroganti ed aggressivi in coerenza con le strampalate promesse fatte in sede elettorale. Ben presto questi atteggiamenti velleitari hanno portato il paese sull’orlo del disastro completo. A quel punto, tutte le dichiarazioni bellicose e gli atteggiamenti arroganti, di fronte alla situazione drammatica sono venuti meno e i responsabili greci, con la coda fra le gambe, hanno dovuto accettare le giuste condizioni di garanzia richieste da chi: cioè l’UE, ancora una volta, elargisce enormi somme per salvare la situazione e mantenere la Grecia nell’Unione Europea. E’ auspicabile che questa sia la volta buona e che Parlamento e Governo della Grecia rispettino gli impegni. Mi paiono assolutamente fuori luogo le accuse fatte da molti alla Germania, (tra l’altro il maggior contribuente alle elargizioni alla Grecia), di grettezza e poco senso di umanità, mi appaiono ridicole le argomentazioni di chi stigmatizza il fatto che i soldi dati dall’Europa alla Grecia sono andati a finire nelle banche Francesi e Tedesche (tra l’altro solo in parte) e non nelle tasche dei greci. Signori, i Greci si erano già intascati i soldi dei prestiti ricevuti, e, le banche, hanno solo goduto della dovuta restituzione di quanto a suo tempo prestato e, allegramente speso dai greci! Mi pare altrettanto poco serio, continuare ad attribuire all’euro la colpa di tutte le nostre difficoltà. Voglio ricordare che, quando decidemmo di partecipare alla moneta unica, avevamo un deficit di spesa annuale, superiore al dieci per cento, accompagnato da un debito del centoventi del Pil. La media degli altri paesi era sul tre per cento di deficit, e con un debito pari al sessanta per cento del Pil. Ci fecero entrare ugualmente, imponendoci però di portare il deficit al tre per cento. Questa decisione, con buona pace dei detrattori ci salvò dal disastro economico che, primo o dopo, avrebbe colpito l’Italia.  Una giusta critica va invece fatta al livello di cambio accettato, che ha portato a dannoso aumento del costo della vita e della produzione. Altrettanto ridicole sono le affermazioni di chi accusa le iniziative di austerità di non favorire lo sviluppo. Dimenticano che l’austerità serve a riparare i disastri procurati dall’eccesso di spesa pubblica, dagli sprechi e dai consumi al di sopra delle possibilità, non a creare sviluppo. Quest’ultimo potrà ripartire dopo che, grazie all’austerità, la situazione si sarà riequilibrata. E’ quello sta accadendo in Portogallo, Spagna, Irlanda, anche, pian piano, in Italia e che non è sinora accaduto in Grecia.

Mentre sto scrivendo queste note, il Parlamento Greco ha approvato a stragrande maggioranza l’esecuzione di due dei dettati europei. Buon segno. La Grecia non dovrà più essere caratterizzata da un eccesso di dipendenti pubblici, (in proporzione il doppio di quelli italiani), da pensioni oggi inaccettabilmente anticipate, da una enorme evasione (di cui ci si rende facilmente conto in occasione di una anche breve visita) e da diverse altre forme di gestione negativa. In sostanza, se i Greci sapranno seguire l’esempio di chi, trovatosi in condizione analoghe, ha stretto la cinghia e si è rimesso in carreggiata, sapranno allora veramente dimostrare di essere degni del loro grande passato e si avvieranno sulla strada del riscatto, evitando, tra l’altro di creare problemi a tutti i Partners europei.

Sen. Luigi Ramponi

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