21 settembre 2015

 

Siamo stati la nazione i cui cittadini hanno sin dagli inizi e, successivamente nel tempo, espresso sentimenti e pensieri favorevoli nei confronti dell’Unione Europea. Certamente, fra gli abitanti delle nazioni europee siamo stati fra i più entusiasti, se non i più entusiasti. Il nostro governo ha sempre regolarmente corrisposto il dovuto contributo finanziario, cosi come abbiamo partecipato in maniera “pesante” e brillante, con le nostre Forze Armate, alle operazioni di pace svolte sotto egida UE. Abbiamo accettato le decisioni assunte in ambito Parlamento Europeo, per la verità, a volte con qualche ritardo, ma sempre mantenendo valido un atteggiamento di collaborativa appartenenza. Siamo uno dei cinque paesi fondatori. Molti altri si sono aggregati successivamente. Dal punto di vista economico l’Italia è uno dei primi dieci paesi al mondo e il quarto in Europa, mentre dal punto di vista delle bellezze artistiche siamo il primo.

A malgrado tutto ciò, da qualche tempo la fiducia e l’entusiasmo dei cittadini italiani nei confronti dell’Unione, è andato scemando. La ragione, molto chiara, sta nel fatto che non ci sentiamo più integrati e considerati come dovuto. I nostri rappresentanti nelle diverse riunioni di vertice o recitano parti di secondo piano o sono addirittura non invitati. Così è accaduto in occasione dell’ultimo incontro Merkel-Holland, dello scorso agosto. L’argomento dell’incontro riguardava il difficilissimo problema rappresentato dal flusso, per ora, inarrestabile degli immigrati clandestini. L’Italia è certamente il paese dell’Unione più colpito da tale emergenza. Ebbene all’incontro l’Italia non ha partecipato, non è stata invitata. La cosa in ambito di politica e di rapporti internazionali assume un carattere di assoluta gravità

. Qualche giorno prima dell’incontro con il Presidente Francese Holland, la signora Merkel è venuta in Italia, per visitare a Milano l’EXPO. Naturalmente, come dovuto, è stata accolta con tutti gli onori dal nostro Presidente del Consiglio, il quale è apparso allegro e raggiante di fianco all’illustre ospite. Viene spontaneo chiedersi: premesso che Il nostro Capo del governo, in quel momento, sapeva certamente dell’incontro programmato a breve scadenza, ha chiesto di prendervi parte, come era logico fosse, considerato l’argomento di diretto e specifico interesse dell’Italia? Mi auguro, per ragioni di rispetto della dignità nazionale che lo abbia fatto. Visti i risultati, di nuovo ci si deve chiedere: quale era, la ragione che lo faceva apparire raggiante e contento. Avrebbe dovuto apparire freddo ed amareggiato! Aveva ed avevamo ricevuto l’ennesimo schiaffo.

Come se ciò non bastasse, si deve poi aggiungere che nel comunicato emanato a seguito dell’incontro, i due ci hanno anche “richiamato all’ordine”, esortando l’Italia a svolgere più celermente la pratiche di asilo. Insomma non solo non ci hanno invitato, ma ci hanno pure redarguito, assumendo la veste di giudici del comportamento di un Partner che, in ambito europeo, è assolutamente pari a loro. L’Unione Europea prevede assoluta parità di diritti e doveri per tutti i Partners e, solo così si può mantenere la coesione  dell’Unione. Parners di serie A e Partners di serie B non sono previsti, con buona pace di tedeschi e francesi, altrimenti si rischia di rompere il già fragile vaso europeo.

Al di là dell’arroganza franco-tedesca, atteggiamenti proni e sottomessi di questo tipo, da parte italiana, determinano conseguenze assai dannose per la nostra nazione. Oltre che per ragioni di tutela del prestigio nazionale, dovere primo di ogni Governo che si rispetti, anche per evitare di fornire argomenti a coloro che auspicano erroneamente una nostra uscita dall’Unione Europea e, soprattutto, per evitare il sorgere nella pubblica opinione nazionale di legittimi sentimenti anti europei, è necessario che i responsabili del nostro Governo si impegnino di più e meglio perché in sede europea l’Italia sia ascoltata e rispettata come lo era al momento della sua nascita e come, ha tutto il diritto che questo accada.

Sen. Luigi Ramponi

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