29 settembre 2016

Sono tre anni, dal 2011, che i singoli autonominatisi esperti, o, meglio ancora, i centri studi dei vari enti, associazioni o federazioni, preannunciano la ripresa a partire da…., sbagliando regolarmente. Se costoro, pur sbagliando le previsioni, intendono dire che attraverso i vari tentativi e decisioni legislative si avvierà un processo di ripresa che riporterà gli italiani prima o dopo a riavere una qualità di vita pari a quella goduta negli ultimi vent’anni, prima del 2011: si sbagliano di grosso. Vi sarà certamente, e non molto lontana, la fine della diminuzione del PIL e l’assestamento dell’economia su un piano di stabilità: (non si potrà continuare a scendere all’infinito), ma l’illusione di ritornare a vivere, “come prima” è una pia illusione. Allora, gli stessi esperti predicavano, dichiarando il falso, da vent’anni, che una gran parte della popolazione non “arrivava alla fine del mese”, e, negli ultimi dieci anni, che non si arrivava nemmeno alla “fine della terza settimana” e, nel contempo, dichiaravano che il popolo italiano, consumava più di quanto avrebbe dovuto! A questa ridda di irresponsabili, inesatti proclami, se ne aggiungono oggi altri relativi appunto alla preannunciata ripresa. Come dicevo, non è certamente troppo lontana la fine del peggioramento delle condizioni economiche generali e, come sempre, il sistema si adeguerà alla nuova realtà, ma vi è una buona ragione per ritenere, purtroppo che il futuro assestamento economico non potrà più raggiungere il livello di prima 2011.

Infatti, la causa prima e vera della crisi nazionale, è costituita dalla diminuzione, pari circa al 10% dei consumi interni, che, come noto, sono pari all’ottanta per cento del prodotto nazionale, mentre il rimanente venti è destinato all’estero e, fortunatamente, in questi anni è pure cresciuto.

La diminuzione dei consumi non è stata, nel 2011, determinata dall’aumento dei prezzi al consumo, o dal calo dei salari, cioè da ragioni obiettivamente concrete. La diminuzione dei consumi è dipesa, in grandissima parte, da una ragione psicologica. Gli Italiani, sono rimasti spaventati dalla descrizione disastrosa della nostra economia, fatta dalla stragrande maggioranza dei mass media. La ragione? L’aumento dei tassi di interesse che lo Stato era costretto a pagare, per coprire il disavanzo annuale pari, da tempo a circa quaranta miliardi di euro. Il famoso spread. Cioè la differenza tra noi e i tedeschi del tasso di interesse pagato sul prestito. I tassi elevati che noi dovemmo pagare, erano il risultato di una bieca speculazione e, soprattutto, della mancanza di acquisto da parte della BCE di una consistente parte del nostro fabbisogno, cosa che avrebbe immediatamente calmierato il mercato. La BCE, nonostante i suoi limiti, poteva benissimo far calare e arrestare la speculazione, acquistando a tassi ragionevoli i nostri bond, come, peraltro, oggi si dichiara pronto a fare il Governatore Draghi, in caso di necessità, sempre rispettando le regole interne alla banca.

Che sia stata una pura e semplice manovra speculativa, lo dimostra il fatto che oggi, nonostante sia aumentato il fabbisogno dello Stato, nonostante la situazione economica nazionale sia peggiorata, i tassi di interesse sui nostri bond, sono enormemente diminuiti e, il terribile spread è ridotto ai minimi termini.

La ragione che indusse allora il Governatore della BCE Trichet a non intervenire a nostro favore, fu una ritorsione nei confronti di una giusta presa di posizione assunta dal nostro Ministro Tremonti, relativamente all’entità di partecipazione dell’Italia alla costituzione di un fondo europeo, destinato al salvataggio delle esposizioni delle banche (quasi esclusivamente francesi e tedesche) a compensazione di prestiti, finiti in sofferenza, fatti a Grecia e compagni. Giustamente il nostro ministro non accettava che l’Italia sborsasse una cifra calibrata sulla partecipazione normale che ogni anno viene da noi assegnata all’Europa in proporzione al PIL, quando le banche italiane presentavano sofferenze quasi nulle.  Nel suo libro “Bugie e Verità”, Tremonti spiega assai bene lo sviluppo della vicenda.

Gli Italiani restarono colpiti dalle disastrose previsioni delineate dai vari esperti, (spesso indirizzati dal disfattismo di parte) e decisero, in massa, di ridurre le spese, eliminando parte di quanto, francamente, era superfluo o esagerato, in termini di consumo.

In tal modo si innescò un meccanismo perverso che, partendo dalla riduzione degli acquisti, determinava la riduzione delle vendite, la diminuzione degli ordinativi, finiva con la crisi dei produttori che non riuscivano più a piazzare i loro prodotti, a causa della riduzione della domanda. Ecco: la vera causa della crisi deriva dalla diminuzione della domanda e quest’ultima è indotta dalla paura e non da obiettive ragioni di carattere economico.

Che ciò sia accaduto, lo dimostra il fatto che nel primo anno di crisi: 2011/2012, i depositi bancari degli italiani sono aumentati, in maniera assai consistente (circa 40 miliardi)! Come è possibile che in periodo di dichiarata crisi nera, il risparmio privato aumenti in quel modo? Solo una ragione psicologica può indirizzare in maniera diversa l’uso delle disponibilità finanziarie da parte della gente. Perché continuare a spendere esageratamente? Perché continuare a comperare in eccesso rispetto alla obiettiva possibilità di goderne? Per quale ragione si deve cambiare una vettura che funziona benissimo, o sostituire, ogni anno, capi di abbigliamento, ancora buonissimi, o telefonini in perfetta efficienza? E, con tali esempi, si potrebbe continuare all’infinito! Meglio mettere “qualcosa da parte”. Così si sono ridotti i consumi del 10%, con le conseguenze prima descritte.

A tale riduzione degli acquisti per ragioni psicologiche, si sono poi aggiunte ragioni di carattere economiche vere e proprie, dovute alle conseguenze del forte aumento della disoccupazione, derivato dalla riduzione della produzione da parte delle aziende che si sono viste costrette a ridurre il personale, solo in parte mitigata dalla tutela della cassa integrazione. Questo, rende ulteriormente più difficili le possibilità di ripresa o meglio, di arresto del progredire della crisi, dal momento che un aumentato numero di disoccupati ha visto ridurre le loro capacità d’acquisto.

Le iniziative sul piano legislativo e strutturale intraprese dai vari Governi, a partire da quelle assunte dal Governo Berlusconi in poi, salvo qualche eccezione, sono andate e stanno andando nella giusta direzione, anche se purtroppo sono, troppo spesso, accompagnate da mancata o ritardata realizzazione sul piano attuativo, da parte delle Pubblica Amministrazione. Esse tuttavia non saranno in alcun modo determinanti per l’innesco di un forte riavvio dello sviluppo economico.

Se è vero, come è vero, che la vera ragione della difficile attuale situazione economica dell’Italia, è dovuta, principalmente alla diminuzione dei consumi, alla caduta della domanda, solo una ripresa di quest’ultima può rimettere in moto l’economia del paese. Prima o dopo, (questo si sta, piano piano, già verificando) cesserà la paura degli Italiani, cesserà quella ragione psicologica che ha innescato la crisi. Aumenteranno allora i consumi? Cresceranno le vendite e in conseguenza le ordinazioni alla produzione? Si ridurrà la disoccupazione? Ripartirà l’economia? Cosi dovrebbe accadere ma, non accadrà. La ripresa, oltre che dalla già indicata impossibilità di raggiungere una situazione quale quella esistente prima della crisi, verrà anche condizionati da un aspetto non meno importante. La riduzione dei consumi e degli acquisti, per la stragrande maggioranza degli Italiani, ha riguardato il superfluo. In tal modo, oltre che ridurre finalmente gli sprechi, tante volte denunciati, ci si è resi conto che si può benissimo vivere, anche spendendo un poco di meno e risparmiando un poco di più. Non vi sarà quindi una forte ripresa dei consumi, tale da determinare una forte ripresa. La situazione economica si dovrà ridisegnare su un livello inferiore, adeguato alla nuova realtà. Ne deriva che la prospettiva futura, non può essere basata sull’aumento dei consumi (che avverrà, ma in maniera limitata), dal momento che, anche per una società avanzata come la nostra, sono già adeguatamente elevati.

Pertanto una azione integrata che comprenda: la fine del condizionamento psicologico, le iniziative governative per ridurre gli oneri fiscali e semplificarne la normativa, l’eliminazione degli sprechi della Pubblica Amministrazione, un migliore uso  del risparmio in impieghi a sostegno dello sviluppo (infrastrutture, ricerca, formazione, ambiente) e, soprattutto, il recupero etico e morale che ci faccia rinsavire e ci porti al rispetto della legalità (più ci integreremo in Europa, meno spazio, per nostra fortuna ci sarà per furberie e corruzione), sono la strada da percorrere responsabilmente da tutti, dico tutti i componenti della nostra società. Per un passo rigeneratore di serietà, sarà bene non dover rileggere più stupidaggini incongruenti come quella del 06/12/2014, quando sul televideo alle ore 10:02 Feder alberghi comunicava: “9 italiani su 10 viaggeranno nel fine settimana lungo, dell’Immacolata. L’ 89 % avranno una meta italiana, per una spesa media a testa di 282.00 euro”; seguito alle ore 10:33 da un comunicato emesso dalla Confesercenti che affermava: “nel 2014 solo un italiano su due riesce ad arrivare alla fine del mese, mentre il 36% non ce la fa a superare la terza settimana e il 13% la seconda”.

Il massimo dell’idiozia!

Gen. Luigi Ramponi

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